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giovedì 28 maggio 2009

Quando l'amarezza diventa malattia

Che amarezza, che umiliazione. Il mio amico mi esclude. Mia suocera mi opprime criticandomi, il mio principale mi chiede di lavorare oltre l'orario senza riconoscermi lo straordinario. Ecco alcuni esempi, anche banali ma esaustivi, di sentimenti e sensazioni che se reiterati nel tempo potrebbero significare che soffriamo di una nuova forma di disturbo dell'adattamento, il post-traumatic embitterment disorder, ovvero il disturbo post-traumatico da amarezza. Chi ne soffre è pieno di paure, ansioso, nutre costantemente un desiderio di vendetta nei confronti del resto del mondo, spesso proprio dei suoi familiari più vicini. E soprattutto non riesce a uscirne. Perché è convinto, dentro di sé, che sia il mondo a essere sbagliato e non certo lui a dover cambiare.

MALATI DI AMAREZZA – Grazie all’analisi del professor Michael Linden della Libera Università di Berlino, lo psichiatra tedesco che ha coniato il termine già alcuni anni fa, l’amarezza è stata ormai promossa a malattia psicologica vera e propria, nella grande famiglia dei disturbi dell'adattamento. Scientificamente, viene definita come una reazione psicologica della persona a qualcosa di negativo che gli è accaduto: «I malati pensano che il mondo li abbia trattati ingiustamente. È un passo oltre la rabbia, perché sono arrabbiati e in più si sentono impotenti. L’amarezza deriva da una violazione dei loro principi etici», racconta al Los Angeles Times lo stesso professor Linden. E spesso hanno tutte le loro ragioni per esserlo: solitamente si tratta di persone che hanno lavorato duramente dietro a un progetto, o nel coltivare un rapporto affettivo, e poi si trovano a fare i conti con un ostacolo, come un mancato riconoscimento professionale (una promozione) o un tradimento, la separazione dal proprio coniuge. Episodi traumatici, certo, ma non gravi: non dunque una violenza sessuale, un pericolo di morte, bensì un dolore, anche se profondo, in cui incappiamo spesso nelle nostre vite. Dunque successivamente all'episodio negativo, il malato si sente pessimista, viene scosso da un profondo senso di ingiustizia ed entra in un circolo vizioso in cui il suo pensiero costante è il suo essere una vittima del sistema in cui è costretto a vivere.

AMAREGGIATI PERICOLOSI – All’ultimo congresso della American Psychiatric Association tenutosi a San Francisco la scorsa settimana, gli psichiatri hanno tirato le somme sulla diffusione della malattia: colpirebbe in tutto tra l'1 e il 2 per cento della popolazione mondiale. Purtroppo le ricerche su questa tipologia di traumi sono ancora carenti ma, allertano i professionisti a congresso, è bene andare avanti negli studi perché da un piccolo trauma non riconosciuto è anche possibile arrivare a comportamenti devianti più gravi. Anche se ancora la casistica ufficiale è pressoché inesistente, esiste la possibilità che un «malato» di amarezza possa sfociare in azioni distruttive, come improvvisi omicidi dei suoi familiari, o il suicidio stesso.

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